La Corte di Cassazione interviene ancora per chiarire la differenza tra discarica abusiva di rifiuti e il deposito incontrollato di rifiuti.
Un fraintendimento sulle modalità della classificazione dei rifiuti.

La Corte di Cassazione interviene ancora per chiarire la differenza tra discarica abusiva di rifiuti e il deposito incontrollato di rifiuti. Un fraintendimento sulle modalità della classificazione dei rifiuti.

di: Avvocato Daniele Zaniolo

Il commento della sentenza della terza sezione penale n. 4214 del 1 febbraio 2023, D., con cui la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta in materia di distinzione tra i reati di abbandono incontrollato e discarica abusiva di rifiuti, è l’occasione per riepilogare le distinzioni tra queste tipologie di reato, chi le commette e le sanzioni collegate.

Nel caso in esame l’imputato aveva sostenuto che alcune lastre di alluminio rinvenute nel luogo non fossero rifiuti, bensì coperture di baracche o fabbricati rurali. Aveva, insomma, negato, che si trattasse di rifiuti.

Nell’argomentare le ragioni della propria decisione gli Ermellini si sono incidentalmente soffermati sulle modalità della classificazione dei rifiuti con l’utilizzo di una terminologia che rischia di creare fraintendimenti. Ciò che gli Ermellini intendono dire facendo riferimento alla “classificazione” è che la qualificazione come “rifiuto” di una determinata sostanza non abbisogna di alcun accertamento tecnico ma può fondarsi su qualsiasi prova che sia idonea a ciò.

Compete al giudice del merito valutare il fatto storico per trarne le conseguenze in tema di qualificazione giuridica del fatto. In tal senso, la sentenza in commento, richiamando precedenti giurisprudenziali sedimentati, ha affermato che:

la classificazione di una sostanza o di un oggetto quale rifiuto non deve necessariamente basarsi su un accertamento peritale, potendo legittimamente fondarsi anche su elementi probatori, quali le dichiarazioni testimoniali, i rilievi fotografici o gli esiti di ispezioni e sequestri e che l'accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto ai sensi dell'art. 183 d.lgs. n. 152 del 2006 costituisce una questione di fatto, demandata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, se, come nel caso in esame, sorretta da motivazione esente da vizi logici o giuridici”.